Quando si va - norme anticovid permettendo - al ristorante, può capitare di vedersi serviti, non alimenti naturali e freschi, offerti nel menù, ma prodotti congelati, surgelati o pronti e precotti, senza avviso. Non è solo una scocciatura che fa infuriare i buongustai, né un′innocente omissione di poco conto: al ristoratore può costare cara e finire in una condanna penale. La Suprema Corte (del tema si occupa la Sez. III della Cassazione penale), superato un contrasto giurisprudenziale di molti anni fa, ormai pacificamente ritiene integrato il reato di tentata frode in commercio. Ho letto sette pronunce per voi (sentt. n. 44643/2013; nn. 30173, 34783, 6586/2017; nn. 4735, 38793, 56105/2018). Gli imputati, quali titolari (o dirigenti o legali rappresentanti o amministratori o presidenti del CdA della società proprietaria) di esercizi commerciali che somministravano cibi e bevande (ristoranti, pizzerie, osterie, gastronomie), erano accusati di aver compiuto atti idonei diretti in modo inequivoco a consegnare agli acquirenti una cosa per un′altra, cioè sostanze alimentari diverse per origine, provenienza, qualità, quantità, caratteristiche, da quelle dichiarate o pattuite. In specie, sono stati scoperti a detenere per la vendita o comunque avere disponibilità, dentro frigoriferi congelatori nelle cucine, di cibi congelati o surgelati (carne, verdure, pesce, anche da servire crudo), senza aver indicato tale qualità nelle liste delle vivande da dare agli avventori o poste sui tavoli. L′interesse tutelato dalla norma è il leale e scrupoloso comportamento nell′esercizio dell′attività e il diritto del consumatore a un′informazione adeguata, con contenuti precisi (che non generino fraintendimenti) e scritta con un′evidenza grafica che attiri l′attenzione dell′avventore, es. asterischi accanto ai prodotti o apposite avvertenze in grassetto prima del menù (non relegate in caratteri minuscoli a margine delle pagine di presentazione del locale). Sono state inflitte pene della multa, da 200 a 600, o reclusione, da uno a quattro mesi, in certi casi sospese, in altri sostituite con elevate pene pecuniarie, in un caso (di recidiva) effettive. Molti si difendono asserendo che il menù integra solo un′offerta al pubblico, sempre revocabile, inidonea a far conseguire risultati illeciti; ad es. può accadere che una certa pietanza, pur indicata in menù, non sia disponibile e il ristoratore non è obbligato a servirla. Poi, le ispezioni sono sempre effettuate in orari di chiusura dei locali, senza avventori, quindi non c′è prova di un′iniziale concreta contrattazione o pattuizione con un singolo cliente. La giurisprudenza non accoglie tali tesi difensive. Il reato è escluso solo se il ristoratore, dopo che il cliente ha chiesto la pietanza (fresca), rifiuti di servire l′ordine. Il titolare non può difendersi asserendo che non era responsabile della compilazione dei menù, avendo delegato l′attività al cuoco: risponderà per non averlo controllato. Tale scusante potrebbe valere solo in grandi imprese (es. catene di supermercati). Configura il reato persino la sola esposizione nei locali di immagini ritraenti pietanze che paiono fresche, pur senza indicazione del prezzo offerto, e anche se l′immagine pubblicitaria ha l′unico scopo di incentivare il consumo e ha solo valenza dimostrativa e di presentazione del piatto. In un caso il menù, redatto da tecnici dell′alimentazione, informava che certi prodotti potevano essere surgelati o congelati, nel rispetto delle procedure europee di autocontrollo, e invitava a rivolgersi al responsabile di sala, preparato a offrire ogni necessaria delucidazione. Neppure tale sistema di informazione al cliente, organizzato dal gestore, è stato ritenuto sufficiente, perché l′iniziativa conoscitiva era rimessa al cliente, che avrebbe dovuto essere attento. Meglio sarebbe stato stabilire che il personale di sala, nel ricevere gli ordini, doveva specificare di sua iniziativa la natura dei cibi. Infine, poiché scopo della norma è prevenire le frodi in commercio, non basta nemmeno difendersi asserendo che gli alimenti erano comunque sani e non nocivi per la salute. Aggiornamento di un mio articolo pubblicato su "Il Quindicinale" n. 944 di giovedì 18.10.2018